Sarà di certo più ridotta nelle dimensioni, rispetto alle altre metropoli europee cui viene spesso paragonata, eppure Milano non manca davvero di nulla. Per ogni momento della giornata, sia essa stressante o serena, piena o pigra, attesa o maledetta, ci sarà un luogo della città adatto a essere visitato.
Alcuni di questi vanno bene sempre. Tra palazzi storici e angoli di bellezza nascosta, si scorgono infatti dei giardini che sembrano bolle di tranquillità dove potersi rifugiare se tutt’intorno è troppo veloce, ritagliare uno spazio se invece si ricerca solo silenzio. E molti di questi scorci di quiete portano con sé storie inaspettate.
Il polmone più delizioso, nel quartiere più delizioso della città. Fu istituito come parte dell’Accademia delle Belle Arti nel 1774 da Maria Teresa, sovrana illuminata che alla cultura dedicò enormi sforzi, inclusa la valorizzazione della Biblioteca Braidense. L’Orto Botanico è un graziosissimo angolo di quiete e scienza vasto 5000 metri quadri, che conta almeno 300 specie: appena un anno dopo la sua apertura, vi furono trapiantati dalla Cina due esemplari di Gingko Biloba, che non si sono più mossi e dopo due secoli e mezzo sono ancora là.
La passeggiata dura una ventina di minuti, meritevoli per smarrirsi tra i colori, i profumi e gli scorci che questo squarcio di serenità regala da secoli. La squadra di studenti e professionisti che lo gestisce è inoltre a disposizione per informazioni preziose su genetica e cura di ciascuna varietà piantata; ma se non avrete voglia di parlare, esiste una minuscola zona dedicata al pensiero, dove potrete sedervi e godere del silenzio. E fidatevi, è un’esperienza in cui lasciarsi andare.
I due pregevoli chiostri dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, in Sant’Ambrogio, sono inframezzati da un portico che li separa praticamente al centro. Dal fondo di questo, se si procede verso la meravigliosa Aula Magna affrescata, si accede a un giardino nascosto (quanto meno non immaginabile dall’esterno) del quale lo studentato può godere per un momento di pausa o di raccoglimento prima di un esame. O almeno, una parte dello studentato.
Si tratta infatti di quello che è ormai noto come Giardino delle Vergini: gli studenti di sesso maschile (o che si identifichino come tali) non sono infatti ammessi. Il giardino è intitolato a Santa Caterina d’Alessandria, vergine e martire, protettrice degli studi e di alcune categorie sociali dell’insegnamento; curatissimo dall’ateneo, ricco di specie arboree che danno il meglio in fioritura, è dotato di panchine, sentieri in ghiaia e un quasi assoluto silenzio (la regola generale è quella di divieto di baccano). State pur certi che l’impedimento ai giovinotti sarà tenuto: l’Università assume guardiani specificamente dedicati a controllare che non si infranga questo luogo riservato.
Forse il giardino più elegante di tutta Milano. Un’oasi di verde, silenzio e buongusto, peraltro in uno dei quartieri più ricercati in assoluto. Da un lato l’area giochi per bambini, pochi passi più in là la magnifica vista della peschiera barocca, una vasca squisita in ferro e pietra che sembra dipinta, tra i cespugli e gli alberi secolari che le fanno da contorno. Il Giardino della Guastalla è un punto di ristoro quieto, che sia per leggere, sdraiarsi al sole o semplicemente da attraversare.
Fu voluto da Paola Ludovica Torelli, contessa della Guastalla, proprietaria del lotto di terra in cui si trova, per riparare le giovani donne da eventuali incursioni della gendarmeria spagnola, che a quel tempo dominava Milano; vide i cancelli aprirsi per la prima volta nel 1555, e per il motivo suddetto aveva in origine delle alte barricate che impedivano di essere visti o vedere all’esterno. Oltre alla peschiera, una passeggiata in circolo permette di ammirare un tempietto angolare e un affresco con Madonna, che quasi riportano il giardino ai tempi che furono.
Ai profani noto per uno degli aperitivi più chiacchierati della città, l’Hotel Sheraton Diana Majestic ha in realtà una storia mica da ridere. Fu in origine la prima piscina pubblica di Milano, con un trampolino che vibrava dove oggi si può vedere il rilievo del tetto esattamente di fronte al bancone del bar, all’esterno: una maestosa vasca lunga cento metri e larga venticinque, aperta nel 1842, che ospitò il primo campionato italiano di tuffi nel 1900, due anni dopo l’introduzione ufficiale della disciplina. La piscina fu rimossa per questioni igienico sanitarie durante il rinnovamento della struttura, che nel 1908 divenne il Kursaal Diana, completo di teatro, ristorante, addirittura uno sferisterio per il gioco della pelota.
Nel 1921 fu tristemente discusso per essere stato luogo della Strage del Diana, un attentato anarchico comunista che causò danni più che ingenti e la morte di dieci persone. Si susseguirono ulteriori modifiche, rinforzi, aggiunte e sottrazioni, fino all’acquisto da parte di Sheraton nel 1998. Oggi, nel giardino che un tempo era piscina e che conserva un’aria di spensierata tranquillità, rimane una elegantissima statua originale, che raffigura, inutile dirlo, la dea Diana.
Sullo stemma del cancello d’ingresso è incastonato il motto della famiglia: Humilitas. Che potrà anche far sorridere, ma dà comunque accesso a uno dei palazzi più maestosi della città, fatto restaurare nel primo ventennio dell’Ottocento dal marchese Febo d’Adda. Se all’esterno appare imponente, squadrato e solenne, con le colonne applicate al portone principale, è oltre la soglia che custodisce una chicca pregiata.
Uno dei giardini più apprezzati e curati del tempo, con tanto di vialetto d’accesso e prato perfetto, disseminato di statue sognanti in ordine geometrico. Oggi è proprietà privata, gestita dagli eredi della famiglia Borromeo d’Adda, e non è raro vederlo adoperato come sede di eventi ed esibizioni. Anche lo scalone d’onore del palazzo merita un’occhiata, se riuscite: Stendhal lo definì “la scala più bella del mondo”.
Doverosa premessa: un salto qui varrebbe la pena già soltanto per la stupenda portineria sulla sinistra, appena dopo il portone d’ingresso. È opera di Piero Portaluppi, genio milanese che nella prima metà del Novecento rivoluzionò letteralmente la città con i suoi disegni: qui passò da giovane, chiamato dall’allora proprietario Ettore Conti, pioniere dell’industria elettrica per cui Portaluppi recuperò anche la meravigliosa Casa Atellani. Basta percepire le venature del marmo e i tagli del legno, elegantissimo a incastonare il vetro della stanza con tanto di meraviglioso quadro sulla parete principale, per entrare in contatto con un luogo che pare senza tempo.
Il gioiellino vero e proprio si trova più in fondo, oltre un cancello che viene aperto solo previo appuntamento (e ovviamente permesso) dalla padrona di casa, la dottoressa Giacinta Cavagna: un passo oltre, e si accede a un tranquillissimo giardino interno, al tempo stesso sontuoso e pacifico, che permette un tuffo nel passato. Questo squisito specchio di verde esiste dall’Ottocento, quando era addirittura accessibile regolarmente dalla strada principale. Conti lo fece poi annettere al suo palazzo, prima di lasciarlo alla famiglia Zanotelli, nome di peso nell’industria metallifera.
Il giardino si snoda attorno a un vialetto acciottolato, con praticelli che si alternano arricchiti da statue e fontane: il protagonista assoluto è un maestoso faggio, le cui foglie si colorano di un rosso sognante per sole tre settimane l’anno (ma che spettacolo!). Da qui si possono ammirare i cornicioni degli edifici circostanti, che richiamano i gusti di Conti, appassionato di Rinascimento, e godere di un silenzio pressoché introvabile nel resto della città. Tentare non nuoce.
Per informazioni: giacinta.cavagna@gmail.com
Quello che resta di fasti straordinari e lontani. I Perego di Cremnago, ricchissimi industriali brianzoli, abitavano un palazzo limitrofo a questo piccolo scrigno verde, nel pieno di uno dei quartieri più ambiti della città. Era in realtà solo una parte del maestoso parco della famiglia, che con il progredire dei piani urbanistici addivenne a un compromesso con il Comune di Milano, e cedette parte della proprietà per asfaltare l’attuale via dei Giardini. Oggi è una rientranza seminascosta di pace e fresco, il più piccolo giardino all’inglese della città, con uno spazio per i bambini e una statua originale colpevolmente trascurata. Ma che meraviglia passeggiarci anche solo pochi minuti.
Un portone aperto soltanto per metà, tutti i giorni fino al tramonto. Un’ansa alle spalle di Corso Magenta, con il capolavoro di Leonardo a meno di un chilometro di passeggiata. Il Giardino di via Terraggio (o Giardino Terraggio) è in realtà un parco comunale, regolarmente gestito dalla città di Milano come parco pubblico. Ma lo conoscono in pochissimi, perché a passarci davanti sembrerebbe null’altro che l’ennesimo ingresso in un condominio senza troppo da dire.
Che poi in realtà, ne avrebbe eccome di cose da dire. Era infatti parte dell’abitazione che a metà ‘400, Ludovico il Moro regalò nientemeno che a Lorenzo de Medici, il Magnifico, signore di Firenze: un nome di tale importanza, doveva per forza avere una dimora all’altezza. Nel corso dei secoli il giardino fu inglobato in un monastero prima, e purtroppo assorbito dall’espansione urbanistica poi, fino a diventare di fatto il cortile di un palazzo. Nel 2001 però, dopo quasi settant’anni di chiusura, gli abitanti del quartiere hanno fatto sufficiente pressione al Comune, perché lo riaprisse: i condomini hanno protestato. Ma in fondo poco importa, perché adesso ci si può accedere liberamente tra fichi e magnolie, ed è tanto meglio così.
Ingresso riservato agli adulti, accompagnati dai minori di dodici anni. E prima che cominciate a pensare di eludere questo curioso cartello affisso al cancello d’ingresso dei giardini della Villa Reale di Milano, sappiate che è assolutamente vero: senza bambini non si entra, tanto che dal 2019 è istituito un servizio delle Guardie Ecologiche Volontarie perché il divieto sia rispettato.
Il giardino dei bambini è in realtà parte dei diciannovemila metri quadrati del parco della Villa Reale, commissionato nel 1790 dall’allora proprietario, il conte e consigliere dell’imperatore austriaco, Ludovico Barbiano di Beljoioso: appena undici anni dopo il nobile morì, e i suoi possedimenti passarono alla effimera Repubblica Cisalpina, arrivando a ospitare Napoleone Bonaparte durante i suoi soggiorni a Milano.
Dal 1920, parco e Villa sono di proprietà del Comune di Milano, che li ha nel tempo riempiti di acronimi: sono infatti la sede della GAM (Galleria d’Arte Moderna) dal 1921, e del PAC (Padiglione d’Arte Contemporanea) dal 1951. Il giardino in sé permette un percorso botanico per ammirare varietà di piante esotiche, passeggiando tra ruscelli, fontane e prati: è inoltre una costola del ben più noto parco di Porta Venezia, dedicato a Indro Montanelli. Lì potete accedere anche se privi di dodicenni; saranno magari salvi i vostri nervi, ma volete mettere, per una volta, poter tornare bambini?
Dove erano i fasti di un meraviglioso palazzo quattrocentesco, la Residenza dei Corii (che vide anche la nascita dello storico Bernardino Corio), restano oggi alcune statue e un colonnato. La Seconda Guerra Mondiale spazzò via praticamente tutto, lasciando appena lo spazio per permettere alla città di celebrare la rinascita con un angolo verde.
Intitolato a un professore della vicina Università Cattolica, il Giardino Aristide Calderini è un piacevolissimo squarcio di quiete a ridosso del caos di Corso Magenta, incastonato tra il Cenacolo Vinciano da un lato e la Milano romana dall’altro. Circondato da ricordi storici che lo rendono quasi sospeso nel tempo, è anche sede del progetto Living Chapel, una cappella vivente come inno alla natura e alla lotta al riscaldamento globale, installata qui nel 2021 come parte del movimento All4Climate.
Fanny Finzi-Ottolenghi, esponente di una ricchissima famiglia ebrea mantovana, rilevò a metà Ottocento la villa che era stata del Conte Batthyàny, un alto ufficiale dell’esercito ungherese. Storicamente dedita al prossimo, la nobildonna non perse tempo, e nel parco annesso alla sua nuova casa istituì una serie di servizi per i più bisognosi, che hanno lasciato il segno fino a oggi.
Tra le numerose specie arboree presenti e liberamente visitabili (5100mq di area verdeggiante), il Parco di Villa Finzi, che dal 1934 è di proprietà del Comune, ospita infatti un asilo nido, una scuola dell’infanzia, una scuola elementare, un centro sociale per anziani e un centro diurno per persone disabili. E per i più temerari, che vorranno un pizzico di emozione in più mentre si rilassano alla frescura delle fronde, c’è anche un Tempietto della Notte, un’abside sotterranea che pare sia stata usata in passato come ghiacciaia.
“Questo vuole essere un luogo di riposo e di creatività, un segno concreto e intergenerazionale dell’impegno per la salvaguardia del Creato, che Dio ha affidato a tutti gli esseri umani”. Parlava così nel 2011 il Pastore Ulrich Eckert, mentre inaugurava il primo Orto della Fede di Milano.
L’idea parte in realtà dal progetto Orticultura Urbana, che con Expo all’orizzonte aveva già iniziato a scaldare i motori coinvolgendo praticamente l’intera città. Alcune famiglie, autonomamente, presero l’iniziativa sulla scia del progetto, andando di propria sponte a ripulire e riorganizzare il cortile della Chiesa Cristiana Protestante di Milano.
Il risultato fu, e resta, un esempio di intelligente e accorato recupero di uno spazio altrimenti destinato a un prato artificiale, oggi utilizzato per ore di quiete, incontri ed eventi, aperto soprattutto alle attività parrocchiali e dedicate ai più giovani (è curato dagli allievi delle scuole Svizzera e Germanica). Non dovete mica essere credenti per forza, per godere di una pausa all’ombra, nel pieno centro…
Per gioco, per amore o per interesse personale, ciascuno di noi ha probabilmente provato, almeno una volta nella vita, a coltivare una collezione. La sensazione di portare avanti e custodire una raccolta, che sia monotematica o varia, alimentandola per consegnarla forse ai posteri. E magari sarà durata molto meno di quanto ci saremmo aspettati o avremmo desiderato.
Milano racchiude invece una serie di musei, fondazioni, collezioni private di totale unicità: dalle raccolte di famiglie nobili, agli studi di designer e architetti che hanno tramandato le loro idee e i loro progetti, fino alle pietre miliari della cultura della città o a veri e propri luoghi di riflessione e contemplazione, artistica o introspettiva. Che si tratti di quadri, oggetti o anche solo memorabilia, l’intera città è disseminata di occasioni per conoscere più a fondo animi preziosi. Basta solo trovare la porta giusta.
Passeggiare per le strade di Milano può rivelarsi una straordinaria caccia al tesoro. Fondata dai Romani, del cui Impero d’Occidente fu capitale, divenne poi centro culturale ed economico di un certo rilievo nel periodo Rinascimentale. Con il passare dei secoli, le nuove costruzioni si sono sovrapposte alle antiche, come spesso succede nelle città ricche di storia, senza però per fortuna cancellarle del tutto.
Gli ariosi vialoni, o le strette stradine: ogni arteria di Milano potrebbe riservarvi sorprese di incredibile bellezza, se solo saprete dove andare a cercare. I portoni più anonimi potrebbero essere scrigni di ricchezza impensabili, e chiedere il permesso a un custode potrebbe essere un lasciapassare per un viaggio nel passato. A ridosso di chiese e monasteri, all’interno di abitazioni nobiliari, o semplicemente al centro di condomini privati: i cortili e i chiostri di Milano raccontano di vite trascorse, che ancora oggi fanno sognare.
Lo sfarzo di sale affrescate, l’emozione di cortili e portici ad archi, le storie intrise di leggenda che hanno visto famiglie potenti intrecciarsi con sovrani e popolani. Milano fu centro di estrema importanza nel commercio e nella società fin dal MedioEvo, e regnanti e ricchi non persero tempo a costruirsi palazzi che ne dimostrassero l’importanza.
Scoprite allora un itinerario che vi porterà in giro per gli edifici storici, che in passato furono abitati da stirpi di valorosi, spesso poi caduti in rovina; altri ancora sono ancora di proprietà degli eredi, che con più cognomi e più interessi oggi dedicano i propri spazi privati alla valorizzazione della bellezza e del lavoro degli artisti moderni.
Perdetevi nelle immense sale da ballo, arrampicatevi sugli scaloni d’onore, percorrete i corridoi tappezzati per rivivere le atmosfere di tempi che furono, quando la brama di potere e il desiderio di cultura si fondevano in una sola, affascinante e pericolosa energia. E magari potrete chiedervi come sarebbe stato, se a vivere in quei giorni foste stati voi.
Lacrime, apparizioni, guarigioni: l’appiglio per chi crede e non ha null’altro, il dubbio per chi vuole capire di più, quando da capire c’è forse nulla. Miracoli a Milano si sono visti sin dai tempi della sua fondazione, e nel corso dei secoli le storie si sono moltiplicate.
I protagonisti sono stati dei più disparati: operai zoppi, poveri buoi, parroci con il mal di gola. A volte è un atto di speranza, altre la speranza di un atto. E anche per chi proprio non concepisce la possibilità di avvenimenti superiori, magari è una buona idea far visita in questi luoghi. Non si sa mai che si possa cambiare opinione.
L’Uomo Universale, il genio che dipinse, scolpì, costruì, progettò, sconvolse e vide oltre. Leonardo da Vinci a Milano sostò eccome (1482-1499), in una finestra di vita che gli bastò per realizzare giusto una manciata di opere destinate a segnare la cultura dell’umanità. Ci era arrivato in realtà come messo, inviato da Lorenzo il Magnifico, signore di Firenze, per omaggiare Ludovico il Moro con il suono di una lira progettata da Leonardo stesso (perché sì, era anche un più che discreto musicista). Rimase in quella che allora era una delle più popolose città d’Europa per dodici anni: l’assurdo capolavoro del Cenacolo rimane senza dubbio la traccia più celebre del suo passaggio qui, ma da Vinci ha disseminato per Milano svariati tasselli che contribuiscono a comporre il rompicapo della sua vita.
Ogni volta che vi verrà da pensare, come troppo spesso molti fanno, a quanto Milano sia diventata ormai solo business e schiscetta, date un occhio qui. Perché in mezzo ai grattacieli di Gae Aulenti e il delirio dello struscio in Galleria, negli spazi che il logorìo della vita moderna ha lasciato intatti, potreste trovare degli scampoli di paradiso che vi riporteranno a mille chilometri più lontano, oppure angoli, palazzi e strade che niente hanno a che fare con la città.